Liolà

di Luigi Pirandello. Adattamento Moni Ovadia, Mario Incudine, Paride Benassai

Liolà, una Favola Buffa.
La storia di Liolà, conosciutissima ovunque, parte da un capitolo del famoso romanzo “Il fu Mattia Pascal” per poi diventare una commedia con canzoni. La vicenda si ispira anche a un’altra novella di Pirandello “La
mosca”. Ed è proprio da frammenti di queste due opere che parte la drammaturgia di questa nuova messa in scena di Liolà. Un’opera a tutto tondo che mescola prosa e musica in una grande favola più vicina al mondo dell’opera popolare. Parte e si sviluppa da queste pagine, dalla letteratura, dal romanzo e dai saggi che ne scrissero Gramsci e Pasolini.

Liolà rappresenta la vita, il canto, la poesia, il futile ancorché necessario piacere. Lui è l’amore e la morte, il sole e la luna, il canto ed il silenzio, il sangue e la ferita, incarna in sé il Don Giovanni di Mozart e il Dioniso della mitologia, governato dall’aria che fa ruotare il suo cervello come un “firrialoru”, un mulinello. E’ un uccello di volo che teme la gabbia e volteggia da un amore all’altro senza mai posarsi troppo a lungo sopra un singolo ramo. Volteggia e canta continuamente, mirando tutti dall’alto, abbracciando, baciando, amoreggiando, sì, ma scansando scaltro le trappole della restrizione.
Zio Simone, suo contraltare dai toni grotteschi e tragicomici, personaggio cinico e senza scrupoli attorno al quale ruota tutta la vicenda dei figli delle due protagoniste Tuzza e Mita, tratteggia invece la figura dell’uomo pavido e viscido che pur di avere un figlio, un erede a cui lasciare la roba, è disposto a qualsiasi compromesso. I personaggi che colorano la storia, ognuno con un timbro diverso e unico a sottolinearne il carattere, sono come gli strumenti preziosi e insostituibili di un’orchestra sinfonica, solfeggiano la parola ed hanno una tutti una precisa collocazione nella fonosfera dominata dall’azione corale.

Il gesto diventa coreografia e movimento, tutto si trasfigura in un non luogo e non tempo in cui ci si muovedentro costumi bidimenzionali a volere sottolineare la mancanza di profondità d’animo dei personaggi. Testardi, attaccati alle ricchezze materiali, relegati in una grettezza che li rende meschini, aridi, privi di spessore. Sono delle maschere che si accapigliano per primeggiare l’una sull’altra.

I figli, tanto nominati e sospirati nel testo, non interessano davvero a nessuno in questa vicenda, sono solo un pretesto per raggiungere scopi poco nobili: mettere le mani sulla roba, portare a segno un a vendetta, dare continuazione al proprio nome. L’unica chioccia si rivelerà la zia Ninfa, madre di Liolà, che accoglie bonariamente i frutti di “fora via” delle varie svolazzate del figlio e alla quale è affidato il senso più profondo della maternità.
E poi c’è Paoluzzu, il pazzo del paese, un personaggio di nostra invenzione. E’ lui che nella sua pirandelliana follia si dimostra molto più lucido di tutti gli altri. E’ lui a muovere la vicenda, a scandirne i tempi, burattinaio che ben padroneggia le azioni dei pupi e deus ex machina che risolve infine la tragedia di questo dramma satiresco.

Mario Incudine e Moni Ovadia

Data

Dall’11 al 20 Maggio 2018

Ven 11 ore 21:oo

Sab 12 ore 21:oo

Dom 13 ore 17.30

Mar 15 ore 21:oo

Mer 16 ore 17.30

Gio 17 ore 17.30

Ven 18 ore 21:oo

Sab 19 ore 21:oo

Dom 20 ore 17.30

Location

Palermo, Teatro Biondo

Via Roma, 258
90133 Palermo PA
Biglietti: TeatroBiondo.it